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  • Immagine del redattoreAssociazione Culturale La palma e l'ulivo

Lucciole dove siete?

Aggiornamento: 14 mar 2022



In uno scritto sul paesaggio italiano, Pasolini poneva questa domanda a tutti noi. La modernizzazione, la crescita hanno fatto scomparire dalle nostre campagne e dalle nostre città, le Lucciole.[i] Serenella Iovino in un articolo pubblicatosu Robinson per ricordarne i cento anni dalla nascita, usa questa domanda come titolo e ricorda le riprese a Sana’a, alla fine della lavorazione del Decameron nel 1974. Pasolini, con Paolo Brunatto per la RAI, nella trasmissione “io e… la forma della città”, ha prodotto una lettura dell’immagine di Orte e Sabaudia, affermando: mentre per Orte si può parlare soltanto di un lieve danneggiamento – badate bene nel 1974 – di un difetto, per quello che riguarda, invece, la situazione dell’Italia, delle forme delle città nella nazione italiana, la situazione è decisamente irrimediabile e catastrofica”. Pasolini urla verità scomode e per farlo non ha bisogno di lunghe riflessioni, di studi: sente il degrado, sente la perdita della memoria, sente l’irreparabilità di quello che è il prodotto del neo capitalismo contro cui si scaglia anche attaccando i “marxisti” accusati, e forse giustamente, di idolatrare il futuro trascurando l’amore per il passato. La sua è un’ultima chiamata: dopo, consegnati i nostri paesaggi umani e quelli naturali al turismo, alla speculazione e alla crescita, non c’è più tempo, non è possibile tornare indietro. L’opportunismo che spesso contraddistingue le nostre analisi ci ha portato per anni ad affrontare con mezzi sempre più sofisticati, il degrado dei materiali lapidei, delle pitture, dei materiali poveri, soprattutto nelle grandi città dove sovrana regna l’automobile, e questo succede in tutte le parti del mondo. Ma gli addetti ai lavori, già 40 anni fa, sapevano che la causa era l’ossido di carbonio prodotto dalla combustione fossile di autovetture e impianti termici. Nessuno faceva un passo avanti, denunciando quella come causa responsabile del degrado delle città e dei patrimoni artistici. L’ossido di carbonio si deposita ma non si comporta come una semplice patina: interagisce con i materiali, soprattutto i marmi che sono, quelli bianchi come il Carrara, soprattutto carbonato di calcio. Ne erode la struttura e a poco a poco consuma la materia stessa. Per salvare le superfici invece di invocare un diverso comportamento con i combustibili fossili, si sono spese, e bene si è fatto, energie, tempo e risorse mettendo a punto mezzi sempre più sofisticati: ma siamo stati costretti a realizzare copie in materiali non corrodibili dall’ossido di carbonio, per sostituire a poco a poco originali, prima che i processi diventassero irreversibili, collocando i pezzi più preziosi in ambienti controllati e protetti. Il paesaggio, le città, potranno essere oggetto di recuperi estesi? Le risorse sprecate per costruire città e distese di seconde case, villaggi turistici che approfittavano dei paesaggi antropici e non solo per attirare turisti, non ci sono più o meglio potrebbero esserci se diventasse conveniente recuperare e restaurare il paesaggio. La domanda di Pasolini però non si ferma ad una analisi economica. Pasolini si chiede cosa perdiamo. La forma a noi tramandata fino a cinquanta anni fa o poco più, delle nostre città e delle nostre campagne e delle aree non contaminate dalla presenza invasiva e coloniale dell’uomo, era il risultato del lento depositarsi come di fogli contenenti cultura e opere, e il tempo assumeva il compito di selezionare il meglio, che sopravviveva, sino a costituire la spessa struttura organizzata che costituisce insieme il patrimonio storico e geografico. In cui non si fa distinzione sul valore emozionale di un carcere, di una chiesa o dell’arena dei gladiatori, di una fabbrica dell’Ottocento, che hanno assunto il valore di documento e ci consegnano valori estetici e documenti del passato di arti del fare in cui la campagna o la città sono espressione di quel kalòs kai agathòs che esprime complessivamente la capacità umana di progredire. Il mondo contemporaneo ha scaricato su questo tessuto depositatosi e costituitosi nei secoli, tutto d’un colpo, una quantità di strutture e oggetti, di modi di vivere legati solo alla crescita che ha spesso congestionato la realtà per eccesso di beni e di quanto necessario per produrli e fruirli (consumarli). Senza che si potesse avere il tempo di riflettere sulla effettiva utilità di quanto stavamoo facendo diventare necessario, senza chiederci se altre forme di sviluppo avessero più logica e ci permettessero di guardare meglio al futuro. È possibile tornare indietro? È questo che Pasolini ci insegna a considerare: che siamo già oltre l’ultima chimata per far sì che ciò che si deposita sia legato all’evolversi di una comunità che cerca l’equilibrio a proprio interno e con quella terra che si libererà di noi, come sembra divenuto possibile con i venti di guerra globale di questi giorni, a prezzo del sacrificio dell’intera umanità, dei suoi meravigliosi prodotti e anche di gran parte della natura che impiegherà forse milioni di anni per rigenerarsi ma che non permetterà più l’insieme di fortunate coincidenze che hanno portato all’esistenza di questa forma di vita che chiamiamo umana.

Marzo 2022

Francesco Santalucia


[i]“Nei primi anni sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani sé stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta). Quel ‘qualcosa’ che è accaduto una decina di anni fa lo chiamerò dunque ‘scomparsa delle lucciole’ ”. Dopo la scomparsa delle lucciole si ha la falsificazione e l’abbandono dei “valori nazionalizzati… del vecchio universo agricolo e paleocapitalistico… Chiesa, patria, famiglia, obbedienza, ordine, risparmio, moralità non contano più. E non servono neanche più in quanto falsi… A sostituirli sono i ‘valori’ di un nuovo tipo di civiltà, totalmente ‘altra’ rispetto alla civiltà contadina e paleoindustriale”. Il nostro paese viene sottoposto alla “prima unificazione reale”. L’industrializzazione degli anni Settanta e il comportamento coatto del potere dei consumi ha realizzato una ‘mutazione’ profonda, decisiva ricreando e deformando la ‘coscienza’ del popolo italiano, “fino a una irreversibile degradazione. Non siamo più di fronte, come tutti ormai sanno, a ‘tempi nuovi’, ma a una nuova epoca della storia umana, di quella storia umana le cui scadenze sono millenaristiche”. Pier Paolo Pasolini, Il vuoto di potere in Italia, in “Corriere della Sera”, 1 febbraio 1975.


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